Pubblicato da: PAdBN | 30 settembre 2007

Dentro lo sguardo

Dentro lo sguardo

«E’ appunto la consapevolezza di uno spazio bianco che fa sì che si debba e si possa raccontare, quasi a rispondere a una sfida o a vincere la paura del silenzio; ed è il riempimento di questo buco improvviso che misura quanto si vuole e si sa raccontare».

Francesco Casetti, Dentro lo sguardo (1986), Bompiani

All’interno di uno studio semiotico approfondito su come il film prevede e mette in scena il suo spettatore (disegnandolo  attraverso l’enunciazione, assegnandogli un ruolo e uno spazio, facendogli fare un percorso narrativo, creando un’interfaccia con lo spettatore concreto), una breve riflessione sulla necessità, e quasi inevitabilità, del raccontare.

Nota personale. Un saggio denso e difficile da seguire in tutte le sue articolazioni. Ma la complessità nasconde idee forti e suggestioni importanti: come la riflessione sui livelli di narrazione, enunciazione e comunicazione, con le loro differenti figure di spettatore (narratario, enunciatario-osservatore e enunciatario diegetico, corpo); come la ricerca e la suddivisione di quattro tipi di punti di vista, di sguardi, di tipologie dell’osservatore (oggettiva, interpellazione, soggettiva, oggettiva irreale); come l’applicazione dello schema narratologico greimasiano (mandato, competenza, performanza, sanzione) al percorso suggerito e praticato dallo spettatore del film. Per parlare solo delle cose che sono riuscito a capire…


Risposte

  1. Ce l’ho! e l’ho pure studiato… ma poi per un mese non sono più riuscita a capire le trame dei film… cercavo di capire come era costruito il significato… alla fine non lo capivo, ma non capivo nemmeno il significato più immediato, ovviamente. E’ stata dura, ma interessante.


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